DUE
Traduzione: Cubbins
Traduzione: Cubbins
Il mio corpo si blocca.
Le mie ossa, il mio sangue e il mio cervello si congelano, colti da una sorta di paralisi improvvisa e incontrollabile che si diffonde così velocemente in me da impedirmi di respirare. Prendo respiri profondi e forzati, ansimando, e le pareti non la vogliono smettere di ondeggiare davanti a me.
Warner mi prende tra le braccia.
«Lasciami andare» urlo, ma, oh, solo nella mia testa, perché le mie labbra hanno smesso di funzionare, il mio cuore si è appena fermato, la mia testa è andata all'inferno per oggi e i miei occhi i miei occhi, penso che stiano sanguinando. Warner sussurra parole di conforto che non riesco a sentire ed ha le braccia strette intorno a me, cerca di trattenermi con la semplice forza fisica ma è inutile.
Non sento niente.
Warner cerca di farmi fare silenzio, mi culla avanti e indietro, ed è solo in questo momento che mi rendo conto che sto emettendo il più straziante e assordante dei suoni, con l'agonia che mi devasta dentro. Voglio parlare, protestare, accusare Warner, dargli la colpa, dargli del bugiardo, ma non riesco a dire nulla, non riesco a formare altro che suoni talmente pietosi che quasi mi vergogno di me stessa. Mi libero dalle sue braccia, ansimando e piegandomi in due, tenendomi lo stomaco.
«Adam» faccio fatica a pronunciare il suo nome.
«Juliette, ti prego...».
«Kenji». Respiro troppo affannosamente contro il tappeto.
«Ti prego, tesoro, lascia che ti aiuti...».
«E James?» mi sento dire. «L'hanno lasciato al Punto Omega... non gli hanno p-permesso di v-venire...».
«È stato tutto distrutto» dice Warner lentamente, piano. «Tutto. Hanno torturato alcuni dei tuoi conpagni per fargli rivelare l'esatta posizione del Punto Omega. Poi hanno bombardato tutto».
«Oh, Dio». Mi copro la bocca con una mano e fisso il soffitto senza battere ciglio.
«Mi dispiace tanto» dice. «Non hai idea di quanto mi dispiaccia».
«Bugiardo» sussurro, c'è odio nella mia voce. Sono arrabbiata, mi sto comportando da meschina e non voglio preoccuparmene. «Non ti dispiace per niente».
Fisso Warner abbastanza a lungo da vedere il dolore comparire e sparire nei suoi occhi. Si schiarisce la voce.
«Mi dispiace» ripete piano ma con decisione. Prende la giacca dall'appendiabiti vicino e la indossa senza dire una parola.
«Dove stai andando?» chiedo, sentendomi colpevole all'istante.
«Hai bisogno di tempo per metabolizzare il tutto e chiaramente la mia compagnia non ti è utile. Mi occuperò di alcune faccende finché non sarai pronta a parlare».
«Ti prego, dimmi che ti sbagli». La mia voce si spezza. Mi manca il fiato. «Dimmi che c'è la possibilità che tu ti stia sbagliando...».
Warner mi guarda per quella che mi sembra un'eternità. «Se ci fosse stata la benché minima possibilità di risparmiarti questo dolore» dice finalmente «l'avrei fatto. Sai che non l'avrei detto se non fosse stato del tutto vero».
Ed è questo, la sua sincerità, che alla fine mi spezza in due.
Perchè la verità è così insopportabile che avrei preferito che mi rifilasse una bugia.
Non ricordo quando se n'è andato Warner.
Non ricordo come mai se ne sia andato né cosa abbia detto. So solo che sono stata rannicchiata sul pavimento abbastanza a lungo. Abbastanza a lungo da permettere alle lacrime di diventare sale, abbastanza a lungo da seccarmi la gola, screpolarmi le labbra e farmi martellare la testa allo stesso ritmo del cuore.
Mi metto dritta lentamente, sento il cervello contorcersi da qualche parte nel mio cranio. Riesco in qualche modo a salire sul letto e a sedermici sopra, ancora intorpidita ma meno di prima, e mi porto le ginocchia al petto.
Una vita senza Adam.
Una vita senza Kenji, senza James, Castle, Sonya e Sara, Brendan, Winston e tutti quelli del Punto Omega. I miei amici, tutti distrutti con tanta facilità.
Una vita senza Adam.
Resto in attesa, pregando che il dolore passi.
Ma non passa.
Adam se n'è andato.
Il mio primo amore. Il mio primo amico. Il mio unico amico quando non avevo nessun altro e ora non c'è più e io non so come mi sento. Strana, principalmente. E anche delirante. Mi sento vuota, spezzata, tradita, colpevole, arrabbiata e disperatamente, disperatamente triste.
Ci eravamo allontanati dopo la fuga al Punto Omega, ma era stata colpa mia. Lui voleva di più da me, ma io volevo che vivesse a lungo. Volevo proteggerlo dal dolore che gli avrei causato. Ho provato a dimenticarlo, ad andare avanti senza di lui, a prepararmi ad affrontare un futuro lontana da lui.
Che stupida.
Le lacrime ora sono fresche e cadono incessantemente, viaggiano silenziose lungo le mie guance e mi finiscono nella bocca, aperta e ansimante. Le mie spalle non smettono di tremare, continuo a stringere i pugni, il mio corpo è attraversato da spasmi, le mie ginocchia sbattono, delle vecchie abitudini mi strisciano fuori dalla pelle e conto le crepe, i colori e i suoni; tremo e dondolo avanti e indietro avanti e indietro avanti e indietro e devo lasciarlo andare devo lasciarlo andare devo devo
Chiudo gli occhi
e respiro.
Faccio respiri forzati, faticosi, striduli.
Dentro.
Fuori.
Li conto.
Tutto questo mi è già capitato, mi dico. Sono stata più sola, meno speranzosa e più disperata di così. Mi è già capitato prima d'ora e sono sopravvissuta. Posso farcela.
Ma non sono mai stata derubata così a fondo. Amore e possibilità, amici e futuro: perduti. Devo ricominciare da capo ora; affrontare il mondo di nuovo da sola. Devo fare un'ultima scelta: arrendermi o andare avanti.
Così mi alzo in piedi.
Mi gira la testa, i miei pensieri si scontrano tra di loro, ma ricaccio indietro le lacrime. Stringo i pugni e cerco di non urlare, ripongo i miei amici nel cuore e
la vendetta,
penso
non mi è mai sembrata così piacevole.
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