TRE
Traduzione: Cubbins
Traduzione: Cubbins
Tieni duro
Resisti
Guarda in alto
Sii forte
Aspetta
Appari forte
Stai su
Un giorno potrei
Un giorno
potrei
liberarmi.
Warner non riesce a nascondere il suo stupore quando torna nella stanza.
Alzo lo sguardo e chiudo il taccuino tra le mani. «Me lo riprendo» gli dico.
Mi guarda. «Ti senti meglio».
Faccio un cenno alle mie spalle. «Il taccuino era lì sul comodino».
«Sì» dice lentamente. Cauto.
«Me lo riprendo».
«Capisco». È ancora fermo sulla porta, ancora immobile, ancora intento a fissarmi. «Stai...». Scuote la testa. «Scusa, stai andando da qualche parte?».
È solo in quel momento che mi rendo conto di essere già a metà strada verso la porta.
«Devo andarmene da qui».
Warner non dice niente. Fa qualche passo nella stanza, si toglie la giacca e la mette su una sedia. Si toglie tre pistole dalla fondina che ha sulla schiena e le appoggia senza fretta dove prima c'era il mio taccuino. Quando finalmente alza lo sguardo, noto un lieve sorriso sul suo viso.
Ha le mani in tasca. Il suo sorriso è un po' più grande. «Dove stai andando, tesoro?».
«Devo occuparmi di alcune cose».
«Davvero?». Appoggia una spalla al muro e incrocia le braccia al petto. Non riesce a smettere di sorridere.
«Sì». Ora comincio ad innervosirmi.
Warner aspetta. Mi fissa. Fa un cenno con la testa come per dire “vai avanti”.
«Tuo padre...».
«Non c'è».
«Oh».
Cerco di nascondere il mio stupore, ma non so perché ero così certa che Anderson fosse ancora qui. Questo complica le cose.
«Pensavi davvero di poter uscire da questa stanza» mi dice Warner «bussare alla porta di mio padre e farlo fuori?»
Sì. «No»
«Bugiarda, così ti cresce il naso» dice dolcemente.
Lo fulmino con lo sguardo.
«Se n'è andato» dice Warner. «È tornato alla capitale e ha portato Sonya e Sara con sé».
Boccheggio terrorizzata. «No».
Warner non sorride più.
«Sono... vive?» chiedo.
«Non lo so». Una semplice alzata di spalle. «Penso di sì, dato che a mio padre sono utili solo in quello stato».
«Sono vive?». Il mio cuore comincia a battere così forte che penso di avere un infarto in corso. «Devo andarle a prendere... devo trovarle, io...».
«Tu cosa?». Warner mi guarda attentamente. «Come arriverai a mio padre? Come combatterai contro di lui?».
«Non lo so!». Cammino avanti e indietro per la stanza. «Ma devo trovarle. Potrebbero essere le uniche amiche che mi rimangono e...».
Mi fermo.
Mi giro improvvisamente, col cuore in gola.
«E se ce ne fossero altri?» sussurro, troppo impaurita per sperarci davvero.
Raggiungo Warner.
«E se ci fossero altri superstiti?» chiedo, a voce più alta ora. «Se fossero nascosti da qualche parte?».
«Mi sembra improbabile».
«Ma c'è una possibilità, vero?». Sono disperata. «Se c'è anche solo la minima possibilità...».
Warner sospira. Si passa una mano dietro la testa. «Se avessi visto la devastazione che ho visto io, non parleresti così. La speranza ti spezzerà il cuore di nuovo».
Le mie ginocchia hanno cominciato a cedere.
Mi tengo al letto, respiro velocemente e mi tremano le mani. Non so più niente ormai. Non so bene cos'è successo al Punto Omega. Non so dov'è la capitale né come arrivarci. Non so se sarei in grado di arrivare da Sonya e Sara in tempo. Ma non posso ignorare la speranza stupida e improvvisa che altri miei amici possano essere sopravvissuti.
Perché sono più forti di così... ed intelligenti.
«Si sono preparati per moltissimo tempo alla guerra» dico. «Dovevano avere un piano di riserva. Un posto in cui nascondersi...».
«Juliette...».
«Maledizione, Warner! Devo provarci. Devi farmi dare un'occhiata».
«Non ti fa bene». Non mi guarda negli occhi. «È pericoloso pensare che ci sia la possibilità che qualcuno possa essere ancora vivo».
Guardo il suo profilo forte e lineare.
Si studia le mani.
«Per favore» sussurro.
Sospira.
«Devo andare nei comprensori nei prossimi giorni, per supervisionare meglio la ricostruzione della zona». Si irrigidisce mentre parla. «Abbiamo perso molti civili» dice. «Troppi. I cittadini rimasti sono comprensibilmente sconvolti e sottomessi, proprio come voleva mio padre. Gli hanno tolto l'ultimo barlume di speranza di ribellione che avevano».
Fa un respiro conciso.
«Ed ora bisogna rimettere tutto in ordine» dice. «Stanno sgomberando e cremando i corpi. Stanno sostituendo le abitazioni. I civili sono costretti a tornare al lavoro, gli orfani vengono trasferiti, e i bambini rimasti devono tornare alla loro scuola di settore».
«La Restaurazione» dice «non concede tempo alla gente di dolersi».
C'è un pesante silenzio tra noi.
«Mentre supervisiono i comprensori» dice Warner «posso trovare un modo per riportarti al Punto Omega. Posso mostrarti cos'è successo. E poi, una volta che avrai le prove, dovrai fare la tua scelta».
«Quale scelta?».
«Devi decidere quale sarà la tua prossima mossa. Puoi restare con me» dice esitante «o, se preferisci, posso organizzarmi per farti vivere sotto copertura, in qualche territorio non regolamentato. Ma sarà un'esistenza solitaria» dice piano. «Non potrai farti scoprire».
«Oh».
Una pausa.
«Esatto».
Un'altra pausa.
«Oppure» dico io «me ne vado, trovo tuo padre, lo uccido e affronto da sola le conseguenze».
Warner cerca di nascondere un sorriso ma non ci riesce.
Abbassa lo sguardo e ridacchia, poi mi guarda dritto negli occhi. Scuote la testa.
«Cosa c'è da ridere?».
«La mia cara ragazza».
«Cosa c'è?».
«È da tanto che aspettavo questo momento».
«Cosa vuoi dire?».
«Finalmente sei pronta» dice. «Finalmente sei pronta a combattere».
Sono attraversata dalla sorpresa. «Certo che lo sono».
In un attimo vengo invasa dai ricordi del campo di battaglia, del terrore che mi sparassero a morte. Non ho dimenticato i miei amici né la mia ritrovata convinzione, la mia determinazione a fare le cose diversamente. A fare la differenza. A lottare davvero, questa volta, senza esitare. Non importa cosa succede - non importa cosa scoprirò - non posso più tornare indietro. Non ci sono altre alternative.
Non ho dimenticato. «O vado avanti o muoio».
Warner ride di gusto. Sembra sull'orlo delle lacrime.
«Ucciderò tuo padre» gli dico. «E distruggerò la Restaurazione».
Sta ancora sorridendo.
«Lo farò».
«Lo so».
«Allora perché ridi di me?».
«Non sto ridendo di te» dice dolcemente. «Mi stavo solo chiedendo» dice «se volessi il mio aiuto».
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